MUSICHE DI PAGANINI

venerdì 23 luglio 2010

" SOGNO PALERMITANO "di Alessandro Cascone



Ricevo da Antonio Sicignano :

" SOGNO PALERMITANO "

lunedì 19 luglio 2010

alle ore 0.21
Ricevo dall' amico Alessandro Cascone
un suo breve racconto, toccante, fino a spingermi alla
commozione.- Alessandro e' un geoologo laureatosi
all'Università DI Napoli"Federico II e con le parole
ci sa fare e' un costruttore di emozioni.-
Care amiche e Care amici non perdetelo di vista e se
potete chiedetegli l' amicizia vi si aprira' un mondo
straordinario.-
Anch'io come te, napoletano come sai , innamorato pazzo
di Palermo e di Catania e quando mi e' possibile anche
per brevi weekend torno a respirarne l' aria, i profumi
i suoni..

Grazie per la stima Alessandro che contraccambio con
un po' di imbarazzo avendo apprezzato le tue virtu'
letterarie.- antonio sicignano
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SOGNO PALERMITANO

"Confesso che ho vissuto"....ma a differenza di Pablo Neruda nello scrivere la sua autobiografia voglio solo raccontarvi un breve capitolo della mia vita al quale sono particolarmente legato.

Ho vissuto quattro bellissimi anni della mia vita, dal 1976 al 1980, in Sicilia in quella stupenda città che è Palermo a seguito di un trasferimento per lavoro di mio padre. Ero un bambino di 7 anni e ricordo l'emozione di volare per la prima volta con un aereo, per giunta all'imbrunire. Arrivati all'aeroporto di punta Raisi prendemmo un taxi e ci dirigemmo verso Palermo dove arrivammo praticamente che era buio.

Quando si arriva in un posto nuovo, e tutto è avvolto dall'oscurità, si ha una percezione ovattata delle reali dimensioni delle strade, dei palazzi, delle piazze. Sarà stata la tenera età e il mio naturale spirito esplorativo ma tutto era tremendamente eccitante. Ricordo addirittura il momento in cui entrammo nell'androne delle scale del palazzo dove mio padre aveva preso casa. Ricordo perfettamente un colore: il rosso degli infissi delle finestre delle scale, probabilmente perchè nella soffice e delicata luce che illuminava le scale quel colore acceso spiccava particolarmente sul bianco candido dei muri e sul marrone scuro delle porte.

Il giorno dopo mi svegliai e mio padre mi accompagnò a scuola, una bellissima scuola e siccome era vicino casa ci andammo a piedi. Cominciai a vedere quelle stesse strade, quei palazzi, quelle piazze della sera precedente e capiì che era tutto molto più grande di quanto avessi percepito al buio la sera precedente. Rimasi a bocca aperta, estasiato, mi giravo attorno e vedevo bei palazzi, strade pulite e spaziose, grandi piazze.

Quello stesso giorno, di pomeriggio, uscì in perlustrazione attorno al palazzo. A pensarci oggi mi viene proprio da pensare che erano altri tempi, un bambino di 7-8 anni da solo a scoprire il mondo seppur attorno ad un palazzo; oggi avrei paura a farlo fare ad un mio figlio. Che tristezza.

Essendo stato sempre una persona estroversa, per giunta con l'aggravante di essere un bambino, feci subito amicizia e fu così che cominciai a scoprire Palermo, ero il napoletano curioso che trascinava gli altri a scoprire il quartiere attorno a piazza Strauss. Approposito, dove abitavo era Via Cilea.

Ricordo che una sera, nelle mie esplorazioni, esagerai allontanandomi molto da casa tornando di conseguenza abbondantemente dopo l'orario di cena facendo andare in palpitazione mia madre che nel frattempo aveva sguinzagliato tre scale di condomini di nove piani l'una alla ricerca di questo temerario (per non dire altro) bambino napoletano di 8-9 anni (i primi due anni avevo fatto relativamente il bravo) che alle nove di sera non era ancora rincasato. Bellissima fu quella giornata di esplorazione, meno bella il paliatone (leggasi botte) che ricevetti da mia madre al ritorno a casa. Chissa' perchè quella giornata ce l'ho particolarmente nitida nella memoria.

Di Palermo, insieme alla famiglia, vidi tutto: tutte le piazze, le catacombe, le chiese, i palazzi antichi, la zona della Vucciria, Monte Pellegrino. Ricordo quei fantastici cannoli e le cassate a piazza Don Bosco, pane e panelle fuori la scuola (per il panino con la milza ero troppo piccolo), quei magnifici gelati ovunque li compravi.

In tutto questo can can di ricordi ce ne è uno in particolare nella mia memoria, lieve ma sempre presente, discreto ma chiaro. Ricordo che nel piazzale davanti casa (oggi non c'è più) era spesso parcheggiata un'alfetta blu con un lampeggiante sul tettuccio con un uomo in giacca e cravatta dentro che aspettava. Dopo poco, dal mio stesso palazzo, scendeva un altro uomo, distinto, ben vestito, serioso, a volte crucciato, entrava dentro la macchina per scomparire tutti in fondo alla strada, dietro la curva.

Nel 1980 lasciai Palermo per tornare a Napoli. "Sarai contento, vedrai", mi dissero i miei genitori, "torni a casa, puoi rivedere i cugini, gli zii, le nonne". Torno a casa. Ma io stavo già a casa !! perchè avrei dovuto cambiare ?? Ma se al cuore non si comanda ancora di più non si comanda al Direttore dell'azienda per cui lavora tuo padre. Tornai così a Napoli lasciando casa mia e un bel po' di cuore, non so precisamente quanto ma sicuramente non solo un pezzo.

Gli anni passano e passata la preadolescenza passa anche l'adolescenza, passano le prime cotte e le prime delusioni. Passa tutto e ti ritrovi adulto, almeno biologicamente. Quando cresci e ti ritrovi a vivere situazioni nettamente inferiori qualitativamente a quelle precedentemente vissute automaticamente tendi a scotomizzare il passato e quando non ci riesci tendi a relegarlo in un angolo della tua mente cercando di far finta di non sentire i richiami.

Nel frattempo da Palermo oramai giungevano solo notizie di continui omicidi eccellenti ed attentati dinamitardi ad opera di un mollusco cefalopode chiamato Piovra al secolo Mafia. Tutto ciò contribuiva a relegare i ricordi negli anfratti della memoria, non che a Napoli e provincia si stesse meglio. Tutto questo fino ad un torrido pomeriggio estivo del 1992, dodici anni dopo che avevo lasciato Palermo, quando tutte le televisioni e i giornali battevano la notizia che il giudice Paolo Borsellino era stato vittima, insieme alla sua scorta, di un attentato con un'autobomba in una zona residenziale di Palermo. Tale notizia suscitò in me sgomento e amarezza così come aveva suscitato quella della strage di Capaci meno di due mesi prima in cui erano morti Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta ma contribuì a relegare sempre più dentro la mia memoria i ricordi dei quattro anni più belli della mia vita vissuti a Palermo. L'istinto di sopravvivenza, si sa, fa brutti scherzi.



Alcuni giorni dopo furono trasmessi per televisione i funerali del giudice Paolo Borsellino. Guardando quelle immagini, all'improvviso, ciò che per anni avevo relegato in un cantuccio segreto e buio della mia memoria esplose in tutta la sua potenza dirompente: la chiesa dove si svolgevano i funerali era la stessa chiesa di fronte al palazzo dove avevo abitato quando vivevo a Palermo, quella stessa chiesa dove da bambino avevo fatto il chierichetto suonando la campanella durante l'omelia, quella stessa chiesa dall'altra parte della piazzola, davanti al palazzo, dove sostava quell'alfetta blu con il lampeggiante. L'uomo distinto, ben vestito, serioso, a volte crucciato, che avevo notato da bambino era lo stesso uomo saltato in aria. Questa volta, entrato dentro la macchina per l'ennesima volta, era scomparso in fondo alla strada, dietro la curva, per l'ultima volta ed insieme a lui e alla sua scorta anche l'innocenza dei miei ricordi.


Alessandro Cascone
20 giugno 2009



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